Dopo il ciclone Boris: il difficile cammino della ricostruzione
di Redazione
19/09/2025
Settembre 2024 ha lasciato cicatrici profonde in Romagna e nel Bolognese. Il passaggio del ciclone Boris ha trasformato corsi d’acqua come Idice, Senio e Lamone in minacce incontenibili, costringendo migliaia di persone ad abbandonare le proprie case. Oggi, a distanza di un anno, il paesaggio racconta ancora quella violenza, ma i cantieri aperti e i progetti condivisi indicano una strada di riscatto.
Quasi trecento gli interventi di urgenza già portati a termine, dal ripristino delle strade alla ricostruzione degli argini, fino alla rimozione di tonnellate di fango e detriti. Sul Lamone, dove l’acqua aveva colpito due volte in pochi mesi, è in corso la prima tranche di opere strutturali da 7,5 milioni di euro.
Fondi anticipati e piani a lungo termine
Il presidente Michele de Pascale ha annunciato l’intenzione della Regione di anticipare dal 2026 parte dei fondi governativi destinati alla riduzione del rischio idraulico. Si tratta di una scelta politica netta: accelerare il cronoprogramma e non lasciare le comunità in attesa fino al 2027.
Parallelamente, i percorsi partecipativi stanno diventando la cifra di questa ricostruzione. Oltre 500 contributi dei cittadini sono stati valutati per i bacini del Lamone e del Marzeno, e nuove assemblee sono in calendario per discutere i progetti su Senio e Santerno. A Traversara di Bagnacavallo, il borgo simbolo dell’alluvione, una commissione speciale sta preparando un piano che tiene insieme demolizione e nuova edificazione, un passaggio delicato che richiede equilibrio tra memoria e sicurezza.
Interventi sui territori e prospettive future
La distribuzione delle risorse segue le priorità emerse nei mesi scorsi: nel Bolognese, sei milioni hanno permesso di intervenire sull’Idice e sulla Chiavica Accursi; nel Ravennate, oltre dieci milioni sono stati dedicati al rafforzamento degli argini del Lamone e del Senio; a Forlì, tre interventi hanno rimesso in funzione il sistema arginale del Montone.
Nonostante i progressi, restano aperte questioni rilevanti: la gestione delle delocalizzazioni volontarie, l’avvio dei grandi bacini di laminazione e il coordinamento tra le agenzie statali e l’Agenzia regionale per la sicurezza territoriale. La sfida è quella di trasformare un anno di lavori frammentati in una strategia coerente, capace di ridurre davvero il rischio idraulico e restituire fiducia a chi ha visto l’acqua entrare nelle proprie case.
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