Microchip, al Tecnopolo Dama di Bologna nasce un nuovo hub di ricerca
di Redazione
13/09/2025
Un settore invisibile agli occhi ma decisivo per la vita quotidiana, dai telefoni alle auto, dai dispositivi medici ai pannelli solari. I microchip entrano ufficialmente nell’agenda del Tecnopolo Dama di Bologna, grazie al protocollo firmato tra Regione Emilia-Romagna e Fondazione Chips-IT, ente nazionale dedicato allo sviluppo della microelettronica.
Dalla Data Valley all’ecosistema dei semiconduttori
Il Tecnopolo bolognese è già riconosciuto a livello internazionale per supercalcolo e intelligenza artificiale. Con l’arrivo della Fondazione Chips-IT, il suo raggio d’azione si estende alla progettazione di circuiti integrati, rafforzando l’identità della cosiddetta Data Valley emiliana. L’accordo prevede la possibilità per la Fondazione di insediare una sede operativa nel complesso di via Stalingrado, lavorando a stretto contatto con Università di Bologna, Cineca e Fondazione Icsc.
La ministra Anna Maria Bernini ha definito l’intesa “un moltiplicatore di innovazione”, mentre il rettore Molari ha parlato di un’opportunità unica per mettere a disposizione del settore conoscenze scientifiche e capacità formative.
Competenza e indipendenza tecnologica a Bologna
Per la Regione, rappresentata dal presidente Michele de Pascale e dal vicepresidente Vincenzo Colla, l’accordo è anche una scelta politica: rafforzare l’autonomia europea nella produzione di microchip, riducendo la dipendenza da Stati Uniti e Cina. Le varianti globali – pandemia, guerra in Ucraina, inflazione dei materiali – hanno dimostrato la fragilità di filiere troppo concentrate all’estero.
Il protocollo si inserisce così nella strategia europea delineata dall’EU Chips Act, che mira a riportare in Europa una quota significativa della produzione mondiale di semiconduttori. Bologna diventa quindi un punto di riferimento per progetti congiunti, scambio di risorse e formazione delle nuove generazioni di tecnici e ricercatori. Un passo che, nelle parole di Sangiovanni Vincentelli, segna “un esempio concreto di come la collaborazione tra istituzioni, ricerca e industria possa generare valore non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa”.
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